Prova d’arte e d’artista per la cantante e cantautrice milanese Tania Furia, in arte solo FURIA. Sfacciati ed evidenti i riferimenti che a quanto pare non cerca di nascondere in alcun modo. Primo tra tutti è il mitico Corto Maltese: è proprio così che Furia si presenta in scena e qui la curiosità dilaga per capirne la genesi e le ragioni. Ma veniamo alla musica: anni ’80 che diventano ’90, tra quelle trasgressioni coloratissime dei Decibel di tempo fa fino alle sensualità di Anna Oxa passando per tutto quello scenario pop leggero di maniera. Sono 12 inediti che Furia porta a casa con la splendida collaborazione e assistenza preziosa del Maestro Luigi Albertelli. La ricetta di Furia è un sound accattivante, soluzioni finissime di un gusto in rosa, ma soprattutto il tornare alle origini di quel certo modo di fare canzone d’autore: essere “Cantastorie”. La nostra infatti si lascia ispirare dalla donna e dall’uomo, dalla cronaca di oggi, da quella che le passa accanto. Attraverso queste canzoni ritroviamo un bel paese nella storia come nelle ombre, da Fausto Coppi in “Campinissimo” o l’omaggio a Marco Pannella come celebrazione e ricordo per le nuove generazioni in “Pa Pay ya-ya (Ciao Marco)” fino al mistero della morte di “Giulietta” ritrovata cadavere per cause misteriose – brano di cui abbiamo il video ufficiale in rete. Segnaliamo la splendida partecipazione di Lella Costa tra le righe di questo brano. Simpatico ma anche fin troppo pungente l’inno partigiano dedicato alle donne in “Ce la invidiano tutti” e la metafora del lavoro precario di oggi in “Freelance” per raccontare un rapporto d’amore, precario anch’esso in quest’attualità instabile. Il disco si chiude con un tredicesimo brano, una rivisitazione personale in stile del celebre brano di Gaber dal titolo “Non arrossire”. Quel gusto un poco vintage per i cantastorie di oggi…